Nonostante quello che sappiamo oggi sul fumo, si stima che un terzo dei maschi adulti sul nostro pianeta continui a fumare.
Contrariamente al pensiero di una pletora di consulenti di marketing e del colore, l’uso del Pantone 448 C non è un deterrente per le campagne contro il tabacco.
Dal 2016 ad oggi viene riproposto un articolo sul successo della campagna australiana alla lotta e del fumo grazie all'uso di questa tonalità di marrone verdastro.
Ma pochi forse hanno letto il libro del 2008 “Buyology, Truth and Lies About Why We Buy” in cui l’autore Martin Lindstrom, uno degli esperti di marketing più apprezzati al mondo, spiega chiaramente cosa non funziona.
Se a quattro anni dall’avio della campagna pubblicitaria,(secondo quanto dichiarato negli articoli pubblicati) circa 108mila persone in Australia hanno smesso di fumare, lo si deve probabilmente non solo a leggi restrittive, ma al trend dei paesi socialmente avanzati, all’educazione nelle scuole e al tema della salute sostenibile.
Ricordo quando ero a San Francisco nel ’95 e la California fu definita all’epoca “area USA non fumatori”: questa reputazione il paese se la guadagnò quando diventò il primo stato USA a vietare il fumo nei luoghi di lavoro e negli spazi pubblici al chiuso (AB 13). Già da alcuni anni, grazie all’elevato costo dei pacchetti di sigarette (a partire dai 15 dollari)si offre un potente deterrente ad uno dei vizi più rischiosi per la salute.
A partire dal 2011 il governo Australiano ha chiesto all’agenzia australiana GfK Bluemoon di eliminare la connessione emotiva positiva che i fumatori avevano con la loro sigaretta preferita e di trovare un colore che demotivasse l’acquisto del prodotto.Lo hanno fatto chiedendo ad un rilevante gruppo di fumatori quale fosse il colore peggiore per il packaging.
Sarebbe bastato verificare alcune ricerche pubblicate on line su scala internazionale tra il 2006 e il 2010 per avere la stessa risposta: tutte suggeriscono che le associazioni colore-emozione sono stereotipate, per cui i colori più sgradevoli sono i marroni verdastri e giallastri.
Detto ciò, pensate ancora che il Pantone 448 C possa essere un deterrente al bisogno di consumo e dipendenza dalla nicotina?
Ma andiamo oltre: aggiungiamo al pacchetto alcune immagini crude come foto di piedi e dita in cancrena, tumori al polmone, ulcere, cancro alla bocca e alla gola.
Bene! Ora qualsiasi agenzia di marketing avrebbe assicurato il successo della campagna contro il fumo.
I fumatori sono ciechi alle etichette dissuasive?
Usando la tecnologia fMRI e un campione di volontari fumatori tra USA, Inghilterra, Cina, Giappone e Germania, Linstrom condusse il più grande studio di neuromarketing dell’epoca (2004).
Ecco la risposta: “le etichette dissuasive - sia quelle più “morbide” dei pacchetti americani, sia quelle più brutali listate di nero dei pacchetti inglesi, così come le immagini crude di bocche, polmoni e arti devastati - in realtà avevano intensamente stimolato un'area del cervello dei fumatori, ovvero il nucleo accumbens, detto anche centro del desiderio”.
Di fatto la campagna antifumo incoraggiava i fumatori ad accendersi una sigaretta!
É evidente che i metodi tradizionali di ricerche di mercato e i focus group non sono mai stati all'altezza del compito di capire che cosa pensano veramente i consumatori. Mentiamo anche con la coscienza di non mentire.
Cari colleghi consulenti del colore, per capire cosa pensano davvero i vostri clienti e come funzionano i prodotti, dovete attingere alle più recenti scoperte delle neuroscenze e conoscere i reali meccanismi di funzionamento del nostro cervello.
Autore: Federico Perin
Dopo un quadriennio all’accademia di belle arti sotto la guida di Fabrizio Plessi, Crescenzo Del Vecchio e Adriano Baccilieri e una specializzazione nel campo tessile, fa esperienza in una multinazionale come responsabile di produzione nel settore tessuti tecnici sportivi.
È qui che ha maturato una profonda conoscenza delle resine che, tuttora, usa in molte sue opere e nei rivestimenti di interni. È stato docente di tecnologia e disegno tessile negli istituti tecnici di Valdagno e Treviso.
Come consulente ha seguito progetti internazionali e creato ponti culturali per la realizzazione di certification authority in paesi del medio oriente.
È socio di IACC Italia, citata tra le 4 migliori scuole di colore al mondo dalla Fondazione Munsell. Con essa ne condivide i fondamenti e le contaminazioni nel campo dell’arte e dell’architettura. Vive attualmente a Treviso.
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